“Questa è la storia di donne che sentono la musica nelle loro teste. Di suoni radicali dove un tempo c’era silenzio, di sogni resi possibili dalla tecnologia.” (Laurie Anderson)
Chi di voi conosce lo strumento Theremin?
Chi è cresciuto come me con la serie televisiva “Spazio 1999“, ricorda certamente il suono acuto degli minacciose navicelle extraterrestri, gli u.f.o.: ecco, quello era il suono del Theremin.
Nel 1966 i mitici Beach Boys lo utilizzano nella loro hit mondiale Good Vibrations; tre anni più tardi viene utilizzato nella sigla iniziale della serie animata Scooby-Doo.
Qualcuno – più fortunato – lo ha potuto ascoltare e vedere nei live dei Led Zeppelin, ad esempio nella performance di Shake my tree di Jimmy Page, dato che il gruppo già negli anni ’70 lo aveva inserito nel brano Whole Lotta Love.
Infine, nel 1984, finanche Michael Jackson lo utilizza in Thriller.
Un riferimento per i più giovani può essere la puntata di The Big Bang Theory in cui Sheldon Cooper ne fa una gag.
Io l’ho riconosciuto assistendo alle prime scene del film documentario ‘Sisters with Transistors’ della regista Lisa Rovner, proiettato a Bari come evento di apertura del bellissimo Loop Festival, giunto alla sesta edizione e sempre più interessante e coinvolgente.
E’ stata un’esperienza incredibile, perché mai avrei pensato di scoprire che parte della storia del Theremin fosse legata ad una donna. E questa non è l’unica sorpresa, visto che il Theremin è uno strumento che spiego ai ragazzi in classe per alleggerire le lezioni di elettromagnetismo, spesso ritenute tediose. Altra sorpresa, forse neanche una sorpresa.
“La storia delle donne è stata una storia di silenzio. La musica non fa eccezione.”
Mi sento di ringraziare personalmente Michele Casella, direttore artistico del Festival che gode del patrocinio di Puglia Sounds e della partnership di Medimex Commission, per aver deciso di far conoscere questa storia silenziosa in un mondo, quello musicale, per lo più precluso alle donne. Nella serata evento, Simonetta Dellomonaco di Apulia Film accompagnava Michele Casella nella presentazione dell’intera programmazione della rassegna, sullo sfondo dei meravigliosi ritratti delle cinque donne icone presenti sul tabellone, nate dalle straordinarie mani dell’illustratore e fumettista Manuele Fior.
E’ chiaro che l’argomento scelto dal team del Loop Festival quest’anno mi è molto caro, non solo perché la musica ne è protagonista, ma soprattutto perché pone l’accento sul contributo che le donne hanno dato nell’evoluzione, scoperta e realizzazione degli strumenti in quell’ambito, nelle diverse accezioni elettronica, rock, groove e digital.
La prima serata è stata piena di emozioni, soprattutto grazie alla presenza in streaming della divina poliedrica musicista e artista Laurie Anderson, che la regista Lisa Rovner ha voluto affinchè, con la sua splendida voce, narrasse la storia mai raccontata delle eroine della musica d’avanguardia, che, in collegamento live da New York, veniva intervistata dallo stesso Casella, aiutato nella traduzione, resa difficile a causa della instabile connessione, dalla bravissima Lara Maroccini.
Sisters with Transistors è un avvincente viaggio che non racconta solo le tappe dell’evoluzione della musica elettronica, ma fa emergere una lotta di emancipazione attraverso l’arte.
Non sono solo musiciste, sono principalmente donne in un mondo di uomini, sono matematiche, sono informatiche, sono visionarie che hanno creato nuovi strumenti non convenzionali, cambiando le modalità di produzione della musica attraverso il nuovo mondo dell’elettronica.
Mentre assistevo al film, mi è parso di essere in un ammasso planetario e vedere nascere, davanti i miei occhi, tante stelle, unite da un unico filo conduttore ed in possesso della libertà di esprimere liberamente se stesse, perché la musica non conosce genere.
Il documentario è strutturato in 10 mini-sezioni, che immergono lo spettatore in un caleidoscopio pieno di immagini e scene d’archivio, ognuna delle quali delinea una solitaria pioniera della musica elettronica, diventando uno straordinario e affascinate racconto di valenza sociale.
Il viaggio inizia nel 1928 con la storia della musicista lituana Clara Rockmore. Clara non solo fu la prima vera virtuosa del Theremin, ma, a causa della sua disabilità partecipò anche al design del primo strumento musicale suonato senza contatto diretto dell’uomo.
Il Theremin, inventato nel 1919 dal fisico sovietico e violoncellista Lev Sergeevič Termen e brevettato negli Stati Uniti nel 1928, è il più antico strumento musicale elettronico al mondo che produce un suono, simile a quello di un violino, ma con un’intonazione diversa (per questo è stato utilizzato nelle colonne sonore di film come La moglie di Frankenstein di James Whale, o Ultimatum alla Terra di Robert Wise, o Io ti salverò di Alfred Hitchcock).
Fu grazie alla maestria di Clara Rockmore che il theremin diventò popolare e fu promosso a strumento per orchestra, disciplina che fu definita ufficialmente “Metodo Rockmore”, ancora punto di riferimento per chi vuole imparare a suonarlo.
Negli anni ’50 si incontra l’inglese Daphne Oram, prima manager del BBC Radiophonic Workshop, e ideatrice della tecnica “Oramics”, che da sola lottò contro la scarsa fiducia che l’ambiente accademico riponeva nei suoi progetti.
Si prosegue con l’americana Bebe Barron che per prima ha scritto musica elettronica per nastro magnetico e la prima colonna sonora interamente elettronica per il film Forbidden Planet (MGM – 1956).
Non meno coinvolgente fu la pluristrumentista Pauline Oliveros, la quale soleva dire “senti con le tue orecchie, ascolta con il tuo cuore”, divenuta un vero punto di riferimento per la sperimentazione artistica del dopoguerra, promuovendo la contaminazione tra le diverse arti, dalla musica alla letteratura passando attraverso la tecnologia.
Negli anni ’60 incontriamo Delia Derbyshire, nel 1963 si occupò della realizzazione elettronica del famoso tema di apertura della serie televisiva Doctor Who, composta originariamente da Ron Grainer. Delia intervenne sul pezzo con tecniche incredibili per l’epoca, tanto che, quando Ron Grainer l’ascoltò, disse stupito “davvero ho composto questo?“, e Delia rispose “la maggior parte“. Grainer tentò di farle avere un credito da co-compositrice, ma la BBC glielo negò.
“Le donne sono ottime ingegnere del suono, e la ragione è che possono interpretare ciò che il produttore vuole, sanno leggere tra le righe e capire la loro personalità. Le donne sono brave con le cose astratte, hanno sensibilità particolare e capacità di comunicazione. Padroneggiano la complessità del tagliare e incollare i nastri, che è un lavoro molto delicato.“ (Delia Derbyshire)
Il viaggio continua con la compositrice ed artista statunitense Maryanne Amacher, mentre negli anni 70 non si può non far riferimento alla compositrice francese Eliane Radigue, che incontriamo commossa all’età di 86 anni commossa mentre ascolta la sua musica suonata da altri musicisti.
“ Ci son stati giorni in cui ho pensato di essere pazza. Lavorare con musicisti è stata una grande gioia. Con musicisti che accettano di suonare la mia musica. Trenta o quarant’anni fa sarebbe stato impossibile.” (Eliane Rodigue)
Un posto speciale è per la “diva del Diode”, cinque volte Grammy Award, l’americana, di origini italiane, Suzanne Ciani, che ha creato un’incredibile quantità di partiture, dal ‘rumore’ dell’aprire e versare una bottiglia di Coca Cola per un famoso spot, alla musica che accompagna il logo dei film della Columbia Pictures e alla voce femminile di un gioco, il flipper Xenon.
L’affascinante racconto si conclude con l’esponente della musica ambient Laurie Spiegel: la sua splendida traccia “Kepler’s harmony of the worlds” fu magicamente inclusa nel Golden Record messo a bordo della Voyager 1, la sonda spaziale lanciata dalla Nasa il 5 settembre 1977 con lo scopo di esplorare il sistema solare esterno.
“Noi donne eravamo naturalmente attratte dalla musica elettronica, quando la possibilità che una donna componesse era in sé controversa” … “L’elettronica ci permette di fare musica, che potrebbe essere ascoltata dagli altri, senza dover essere prese sul serio dall’establishment maschile dominante.” (Laurie Spiegel)
E’ stato un viaggio bellissimo, solo il primo dei quattro di una rassegna che prevedo interessantissima.
Il secondo appuntamento del Loop Festival sarà giovedì 23 giugno alla Fiera del Levante di Bari con un nuovo racconto di amicizia tra le donne ed il rock.
Maurizia Limongelli